La casa della lumache senza guscio by De Feo Giovanni

La casa della lumache senza guscio by De Feo Giovanni

autore:De Feo, Giovanni [De Feo, Giovanni]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Acheron
pubblicato: 2019-10-04T15:48:06+00:00


Capitolo XI

Erano già le quattro e venti quando col fuoristrada passò l’ultimo tornante e arrivò in vista della villa. Era la terza volta che la scorgeva bene da lontano e ciò che vide la sorprese tanto che per poco non fermò l’auto. Vista di lato, con il tetto bombato, in basso il prolungamento dell’ingresso, sembrava una chiocciola. Ripensò subito al tempio che aveva visto in paese, e al bassorilievo sull’altare.

La casa delle lumache, pensò, quelle senza guscio, che non hanno altro dove andare. Non era così anche lei? Sempre in viaggio per lavoro, a traslocare da una casa all’altra, senza radici. Isaac: era lui le sue radici. La nostalgia le punse aspra la gola. Presto, pensò.

Solo quando ebbe percorso l’ultimo pezzo di strada si accorse del furgone bianco. Un uomo col berretto stava scaricando delle casse davanti al patio d’ingresso. Mara ricordò le parole del Guerrazzi, ogni due giorni verdura fresca e pesce.

Sentendo il motore l’uomo s’era girato, si faceva schermo con la mano. Mara parcheggiò la macchina e scese. Era un pescatore; berretto bianco, tuta da lavoro, caloche di gomma, abbronzato, sui trent’anni, lo fissava con spavalda curiosità. Devono aver fatto a sorte per chi sarebbe andato dalla straniera, pensò. Aveva un viso familiare però. Non era uno di quelli che l’aveva guardata da fuori al bar, prima che il vecchio coi baffi lo ricacciasse dentro? Allora forse non era stato scelto a sorte, forse dalla straniera c’era voluto venire lui...

Dal portafoglio Mara prese una banconota e gliela porse.

“Per la verdura, prenda.”

Ma l’uomo alzò la mano in segno di diniego, teneva gli occhi bassi come avesse paura di incrociare i suoi, la mano che tremava. Tabù, era diventata tabù. Senza volerlo Mara gli guardò le spalle muscolose. Era davvero un bel ragazzo, nonostante i capelli radi e la pelle già crepata dal mare. Sentendosi osservato, l’uomo rialzò lo sguardo. La fissava con occhi duri, affamati. E allora? Sono bella signor pescatore? Ti piacciono le mie gambe? Mara si fece sotto alla porta, rimestò nella borsa alla ricerca delle chiavi.

“Vuole entrare?”, gli disse.

Venga in cucina che le offro un’orzata, pensò, e senta, può uccidermi il mostro nel lavello? Per poco non le scappò a ridere.

L’uomo sorrise a sua volta, si avvicinò.

Sottovento Mara sentì il suo odore: un puzzo salino di catrame e fatica. Senza nemmeno fingere indifferenza l’uomo le stava ora fissando le cosce abbronzate.

Potrei, sorrise Mara. Come no, lo porterò nel mio talamo e dopo averne goduto lo vestirò alla guerra, e come un eroe di Tessaglia lui scenderà in cucina ad ingaggiar battaglia con la bestia, le staccherà la testa, e con quella andremo da mio padre, ché mi conceda in sposa a colui che ha levato la maledizione dalla casa…

“Venga che le offro un caffè,” diceva, e già con tre mandate aveva aperto la porta. Nemmeno la sua ironia mitologica era però riuscita a spegnerle l’incendio delle guance. Che le succedeva? Si sentiva come una cagna in calore, a dimenare il culo davanti al primo maschio. E le piaceva anche, sentire la voglia che aveva lui di toccarla.



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